Alfonso Montefusco
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Oggi, soltanto la parola tende a riportare la maggior parte delle persone ad un periodo di scombussolamento sociale ed umano. Parliamoci chiaro: dopo la seconda guerra mondiale, lentamente e inesorabilmente, l’approccio umanistico con il quale disquisiamo sulla “razza” ha assunto aspetti negativi e pregiudizievoli.
L’olocausto degli ebrei in primis, atroce avvenimento nefasto e crudele, ha sicuramente contribuito più di tutti (anche se spesso ci dimentichiamo del genocidio di massa perpetuato dagli Europei, nei confronti dei nativi americani, oltre cinque secoli fa) a disegnare nel pensiero collettivo l’equazione razza = nazismo/cattiveria/male assoluto.
La razza in cinofilia
Parlando di animali, gli aspetti da valutare sono sicuramente posti su basi nettamente diverse; per i cani, ad esempio, l’equazione è stata completamente antropomorfizzata!
Il cane è stato “umanizzato” a tal punto che i cinofili si sono scissi in due principali fazioni.
Una che non tollera più l'utilizzo della parola “razza” parlando di esseri viventi, battendosi quindi con estrema intolleranza verso l'altra fazione che invece la utilizza. Assurdo, vero?!
Eppure, se abbiamo la volontà di leggerla, la storia ci insegna che per avere una visione oggettiva della realtà e non magari solo dettata dalla spinta emozionale, è necessario documentarsi e staccarsi un attimo dall’inerzia imposta dai “mass-media”.
La parola "razza" ci permette di esprimere un concetto complesso e più ampio che non deve essere strumentalizzato per altri scopi, ben lontani dai principi e dai valori di rispetto per la vita.
Vero è che, senza l’azione dell’uomo, molte razze canine non avrebbero potuto sopravvivere fino ai giorni nostri… La modernità ci ha permesso di fare passi avanti impressionanti, eppure lo scotto che abbiamo dovuto pagare è profondo: abbiamo dimenticato il contatto con la Natura.
Oggi, la vita metropolitana ha reso più difficile apprezzare la semplicità delle cose!
Una popolazione di animali, appartenenti alla stessa specie, con delle caratteristiche fisiche, psichiche, comportamentali e attitudinali simili, se non identiche, forti di un patrimonio genetico stabile e capace di trasmettere quei caratteri distintivi e peculiari, attraverso le generazioni, il tutto legato ad un luogo geografico, un momento storico-sociale-evolutivo e quindi, ad una funzione/scopo che ne ha determinato la nascita, come definirla se non con il termine razza?
Evoluzione storica e cinognostica
Considerate che fino al 1700, l’interesse per la sistemica degli esseri viventi non era stato ancora affrontato in maniera approfondita, benché già nel 350 a.C., Aristotele introdusse il più antico sistema di classificazione delle forme di vita. Fu Carl Nilsson Linnaeus, medico, botanico ed accademico svedese, a gettare i fondamenti per la classificazione degli organismi vegetali e animali. Da lì in poi, ci fu un grande fermento in questa direzione. Naturalmente, il concetto di razza viene amplificato con l’intervento dell’uomo, in agricoltura e zootecnia, per scopi prevalentemente alimentari e di inclusione delle tecniche della produttività.
Tutto questo bagaglio nozionistico verrà poi trasferito ai cani, entrando prepotentemente nell’immaginario collettivo. Pensiamo solo ai termini segugio, bracco, dobermann, mastino o levriero, e a quanto siano entrati nell’intercalare comune. Essi sono capaci di esprimere un concetto, un’idea, un’azione o un “modus operandi” della personalità.
In cinofilia, il percorso che la parola “razza”, nella sua radice più nobile, ha sviluppato nel corso dei secoli può essere inteso come risorsa, valore aggiunto, inconfondibile diversità che nasce per arricchire, non per impoverire. Per unire, non dividere. Ha uno scopo di supporto, non di competizione.
Le sue radici devono essere intrecciate alla storia e non ad un mero vezzo umano e senza funzione alcuna, se non l’appagamento dell’occhio o l’esaltazione del piacere umano.
Ricordiamoci che i cani, grazie alle loro innumerevoli tipologie, sono memoria vivente dell’evoluzione sociale umana, degli ultimi 15000 anni… Non poco direi!
È attraverso la cinognostica (cino = cane e gnostica = conoscenza), che l’uomo è giunto a correlare la morfologia dei cani, ovvero il loro aspetto, con la conseguente funzione/azione.
Ecco che si parla allora di “bellezza funzionale”; potendo quindi identificare le popolazioni di razze canine, correlandole con una specifica funzione: la guardia, la difesa, la compagnia, lo sport, …
Quando il cane non può essere definito “di razza”
Per maggiori informazioni, ecco il link della Federazione Cinologica Internazionale: www.fci.be
Digitate il nome della razza che state cercando o della quale vi hanno proposto l’acquisto di un cucciolo; se questa appare nel sito, allora la razza esiste ed è riconosciuta, altrimenti, se volete un vero cane di razza, lasciate perdere!
Vi stanno proponendo l’acquisto di un “meticcio”, allora recatevi in un canile, dove troverete sicuramente tanti cani bisognosi e senza pagare gente senza scrupoli!
Personalmente, ritengo poco scientifico, limitato e mediocre, arrogarsi il diritto di usare la parola “razza”, quando si parla di incroci di cani, come ad esempio maltipoo, cockerpei, labradoodle, ecc… Solo per citare alcuni nomi propagandati come nuove razze, ma che in realtà sono il semplice frutto di incroci tra cani di razza…
Spesso lanciate da mode statunitensi discutibili e da obiettivi di mercato che gettano ancora più ignoranza sullo sprovveduto acquirente, pronto a sborsare 1500 euro per un meticcio! (Se ne avete da spendere, dateli in beneficenza ai canili rifugio...)
Bontà loro, tutti i cani sono meravigliosi, indipendentemente dalla loro origine, ovunque siano nati. Ma reputo che, divulgare informazioni inesatte, in un mondo già alquanto confuso come quello della cinofilia in Italia, beh… sia alquanto scorretto.
Un suggerimento ai veterinari, quando iscrivono cani nel registro regionale dell’Anagrafe Canina: dopo aver inoculato il microchip, assicuratevi che il cane che state iscrivendo appartenga effettivamente ad una razza riconosciuta e che il cane sia accompagnato da un certificato genealogico ministeriale, rilasciato dall’ENCI al proprietario dell’animale.
Questo è l’unico modo per attestare davanti alla legge (DLgs n° 529 del 30 Dicembre 1992) che un cane sia effettivamente di razza per contrastare così i meri commercianti e trafficanti di cani che “spacciano cuccioli”.
credits: immagini dal web