studi su mangimi anallergici cane gatto
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Gli alimenti anallergici o ipoallergenici per cani e per gatti sono spesso il primo passo in caso di allergie alimentari del pet. Sebbene questi prevedano l'esclusione dei principali alimenti allergizzanti, non sempre posso sostituire la diagnosi attraverso i test allergici di base e la dieta privativa. In questo articolo vediamo lo stato ad oggi sugli studi e le ricerche fatte in questo senso.

Proteine idrolizzate per pet food

Quando un cane o un gatto hanno problemi di allergie alimentari quasi all’unanimità viene consigliato di somministrare del cibo idrolizzato o del cibo indicato come anallergico o ipoallergenico.

Alla base di questa idea comune vi sono degli assunti condivisi:

  • le proteine idrolizzate sono le uniche che si possono utilizzare per soggetti allergici;
  • il cibo idrolizzato è il più digeribile in assoluto;
  • i cibi a base di proteine idrolizzati sono anallergici o ipoallergenici.

Secondo la mia esperienza è bene sottolineare che:

  • non esiste un alimento o un ingrediente che sia anallergico per qualsiasi essere vivente, e se si parla di ipoallergenico, bisogna solo supporre che “nella maggior parte dei casi non da allergie”;
  • non sono solo le proteine animali che inducono allergie alimentari.

A seguito di incongruenze nella efficacia di questi alimenti specifici durante la pratica clinica, sono stati effettuati moltissimi studi nel corso degli anni per capire quale potesse essere il problema. I lavori sono davvero molti, ma per non appesantire la lettura, ne ho inseriti solo 5.

In bibliografia troverete le specifiche degli articoli, da cui, se interessati, potete arrivare alle decine e decine di articoli che sono stati pubblicati negli ultimi anni.

Studi su contaminazioni non presenti in etichetta

2013, Department of Animal Medicine, Production and Health, University of Padua, Legnaro (PD), Italy.

In questo studio italiano del 2013, vengono analizzati 20 mangimi secchi ipoallergenici (9 con nuove proteine e 1 con idrolizzati proteici) per potenziali contaminazioni da parte di ingredienti di origine animale non presenti in etichetta.

Solo in 2 prodotti gli ingredienti trovati nel mangime coincideva con quanto dichiarato in etichetta, negli altri alimenti sono stati trovati al microscopio frammenti di pollame, pesce, mammiferi non dichiarati. In 2 campioni il microscopio aveva evidenziato questa presenza ma lo studio molecolare non aveva trovato tracce di DNA di questi animali. È probabile che essendovi pezzi di ossa o altro materiale grossolano, il ricercatore quando ha preso il campione per analizzare il DNA non ha prelevato questi tessuti per facilitare il processo di analisi. 

Riflessioni

Già nel 2013 viene quindi scoperto che per molti prodotti quanto indicato sulla etichetta non corrisponde al contenuto effettivo. Gli stessi ricercatori 5 anni dopo questo studio e 20 mangimi analizzati, faranno (vedi sotto) una ricerca simile con risultati analoghi.

Department of Animal Medicine, Production and Health, Viale Dell’Università 16, 35020, Legnaro, Italy.

In questo lavoro i ricercatori di Legnaro (che già avevano studiato il problema nel 2013) sottolineano che sebbene in Europa la FEDIAF richiede che l’etichettatura debba essere accurata e provvedere a informazioni dettagliate sugli ingredienti utilizzati, ancora dopo 5 anni dalla prima ricerca, viene spesso documentata la presenza di alimenti diversi da quelli indicati in etichetta.

E ancor più interessante, questa discrepanza è più comune nei cibi utilizzati per le diete per allergie o intolleranze alimentari.

Sono stati analizzati mangimi con una fonte proteica insolita e nuova e mangimi con proteine idrolizzate, nel formato sia secco che umido.

In particolare dei 40 prodotti analizzati (9 mangimi secchi con nuova proteina, 6 mangimi umidi con nuova proteina, 6 mangimi secchi idrolizzati e 3 mangimi umidi idrolizzati):

  • 10 hanno un contenuto che riflette in modo esatto quanto indicato in etichetta
  • 5 NON contengono la fonte animale dichiarata in etichetta
  • 23 hanno contaminazioni da fonti animale non dichiarate in etichetta
  • 2 hanno una etichetta così vaga che non si può valutarne il contenuto reale.

In totale quindi solo 10 sono mangimi coerenti con l’etichetta, mentre i restanti 30 (75%) sono contaminati o proprio non contengono quanto dichiarato in etichetta.

I contaminanti trovati sono per la maggior parte derivati da pollo, maiale e tacchino.

La presenza di fonti proteiche non dichiarate è più alta nel cibo secco e nel cibo con proteina nuova. Il 67% del cibo idrolizzato era contaminato da fonti animali non dichiarate in etichetta, mentre per il cibo con nuova proteina si aveva una percentuale del 77%.

Riflessioni

Anche in questo caso si evidenza la problematica dell’etichettatura errata. In questo caso poi, considerato che il pollame viene maggiormente additato come la causa principale di allergie e intolleranze, si dovrebbe riflettere sul fatto che la maggior parte delle contaminazioni erano proprio di proteine del pollame.

Studi su proteine idrolizzate

2017,Genclis SA, 15 rue du Bois de la Champelle, Vandœuvre-lès-Nancy, 54500, France. 2Infrastructure Protéomique de Toulouse, Institut de Pharmacologie et de Biologie Structurale, 205 route de Narbonne BP 64187, 31077, Toulouse, France. 3Clinic for Small Animal Internal Medicine, University of Zurich, Winterthurerstrasse 204, Zürich, CH-8057, Switzerland.

Nel 2017 questo gruppo di ricercatori ha studiato i mangimi idrolizzati partendo dal presupposto che dovrebbero contenere parti proteiche troppo piccole per dare una reazione allergica mediata dal sistema immunitario (IgE).

L’obiettivo era studiare 3 alimenti commerciali idrolizzati e verificare se ciò era vero.

Di ogni alimento sono stati analizzati due campioni, e i risultati hanno evidenziato che erano presenti da due a cinque proteine in tutte e tre le tipologie di mangime.

Somministrati i mangimi a cani allergici, sono state effettivamente trovate risposte immunitarie mediate da IgE verso queste parti proteiche identificate. Inoltre pur se pubblicizzati come idrolizzati totali, nei mangimi sono state trovate sei differenti proteine da fonti di carboidrati: mais, patate, soia, riso sotto forma di glutine e di altri allergeni conosciuti.

Riflessioni

Prendendo in considerazione solo 3 degli innumerevoli mangimi anallergici e ipoallergenici in commercio, i ricercatori hanno trovato in tutti (100%) delle proteine che ancora avevano il potere di indurre una risposta allergica nei cani sensibili. Questo ripropone il problema del rischio di contaminazione dei mangimi specifici per animali sensibili.

Studi su alimenti anallergici o ipoallergenici

2018, Department of Veterinary Sciences, University of Turin, L.go Braccini, 2, 10095, Turin, Grugliasco (TO), Italy.

Poiché già prima del 2018, alcuni studi avevano dimostrato la presenza di ingredienti non dichiarati in etichetta nel cibo commerciale per animali da compagnia, questi ricercatori si sono chiesti se ciò era vero anche per gli alimenti per cani e gatti dietetici indicati come anallergici o ipoallergenici.

Sono stati analizzati 11 alimenti dietetici umidi (9 a base di proteine animali, 1 a base di proteine vegetali e 1 a base di idrolizzati proteici) per determinare l’eventuale presenza di proteine animali non dichiarate.

6 degli 11 mangimi analizzati (54,5%) erano contaminati da proteine animali non dichiarate nella etichetta. Di questi 6, un mangime era composto da fonti proteiche animali completamente diverse da quelle indicate sulla etichetta.

Nessuno degli alimenti contenenti carne di cavallo o pesce era contaminato, né i prodotti alimentari vegetariani o idrolizzati.

I ricercatori hanno notato che utilizzando le metodiche richieste nell’industria del pet food per valutare la presenza di contaminazioni, invece del 54,5% di contaminazioni ne avrebbero trovate solo il 20%.

Riflessioni

Lo studio rivela non solo un alto tasso di contaminazioni negli alimenti indicati come anallergici o ipoallergenici, ma mette in luce come i controlli sugli alimenti per animali da compagnia vadano rivisti a partire dalle metodiche di controllo effettuate.

2020, Animal Allergy Clinical Laboratories Inc., SIC-2 #301, 5-4-30, Nishihashimoto, Midori-ku, Sagamihara-shi, Kanagawa 252-0131, Japan

Secondo gli autori di questo articolo recentissimo, sebbene spesso il cibo a base di proteine idrolizzate sia descritto come il cibo di elezione nei cani con allergie alimentari, ancora oggi il potenziale di queste diete nello stimolare la risposta immunitaria, è sconosciuto. Pertanto hanno deciso di studiare 2 tipi di cibi commerciali utilizzati spesso in queste situazioni.

I ricercatori hanno analizzato i prodotti per identificare l’eventuale presenza di residui di proteine e peptidi, che possono attivare la risposta immunitaria.

In entrambe le diete sono stati trovati sia proteine che peptidi e quando le cellule prelevate da 316 cani allergici sono state messe in coltura con l’estratto idrolizzato di questi mangimi:

  • le cellule di circa 91 cani su 316 (28.8%) hanno reagito agli allergeni presenti nel primo prodotto;
  • le cellule di 76 cani su 316 (23,7 %) hanno risposto agli allergeni presenti nel secondo

Inoltre andando a studiare esclusivamente le reazioni agli allergeni del pollame le percentuali di risposta da parte del sistema immunitario del cane si sono alzate:

  • al 38,7% per il primo prodotto;
  • al 29,6% per il secondo prodotto.

Da questi risultati si deduce che nell’idrolizzato presente nei mangimi analizzati possono essere presenti ancora tracce di allergeni e quindi non possono essere considerati efficaci per il trattamento in generale dei cani con ipersensibilità alimentare.

Riflessione

Le percentuali, anche se basse, non escludono che il cane sia sensibile agli allergeni presenti, da qui il rischio di impiegare molto tempo passando da un alimento idrolizzato all’altro sino a trovare quello giusto.

Conclusioni

I mangimi indicati come anallergici e ipoallergenici, con o senza proteine idrolizzate, non possono essere ancora oggi utilizzati come scelta primaria per valutare l’allergia alimentare nei gatti e nei cani.

Seppure dal 2013 la ricerca ha dimostrato che molti alimenti commerciali di questo tipo contengono contaminazioni di proteine non dichiarate in etichetta, ancora nel 2020, il problema non sembra essere del tutto risolto.

Il problema della corrispondenza di quanto riportato in etichetta, fa riflettere sulla necessità che vi siano maggiori controlli e normative più chiare, per far sì che l’etichettatura sia una certezza per il proprietario.

Naturalmente non tutti i mangimi avevano queste contaminazioni, e lo si è visto, e lo scopo di questo articolo non è demonizzare “tutti gli alimenti commerciali”, ma come si può nella pratica, somministrare ad un animale allergico un alimento che almeno nel 30% dei casi (facendo una media tra tutti i lavori) non risulta “davvero” anallergico o ipoallergenico?

Per questo sempre più spesso viene considerato come protocollo alimentare di elezione la dieta privativa con test di provocazione (dopo aver messo a dieta l’animale e verificato che non abbia più sintomi, si prova a dare l’alimento a cui si pensa sia allergico per scatenare una eventuale risposta immunitaria), partendo dai test allergici come base.

BIBLIOGRAFIA

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  • Ricci, Rebecca, Daniele Conficoni, Giada Morelli, Carmen Losasso, Leonardo Alberghini, Valerio Giaccone, Antonia Ricci, e Igino Andrighetto. «Undeclared Animal Species in Dry and Wet Novel and Hydrolyzed Protein Diets for Dogs and Cats Detected by Microarray Analysis». BMC Veterinary Research 14, n. 1 (27 giugno 2018): 209.
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